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La Storia del Santuario di San Vito Lo Capo

Il Santuario di san Vito martire, detto volgarmente San Vito Lo Capo, perché vicino al promontorio omonimo, l'antico Egatirso, sorge a greco maestoso alla sponda del mar Tirreno, monumento perenne della splendida pietà degli ericini. A dir vero l'architetto che l'innalzò pose più mente alla sicurezza dei pellegrini divoti, che vi correano frequentissimi da ogni dove, o vi stanziavano, che alla eleganza dell'arte. Epperò quel Santuario ha tutta la sembianza di un forte castello del medio evo. Alta e grossa una torre quadrata, traforata da strette feritoie gli fa da campanile, e per impadronirsi di questo torrione inaccessibile, le cui mura di una enorme spessezza sembrano sfidare l'artiglieria medesima, bisognerebbe un assedio in regola, benché men valente fosse la guarnigione".
Così scrisse il Castronovo, nella sua pregevole "Erice sacra", che si conserva in copia manoscritta presso la biblioteca di Erice.
Prima di lui, avevano scritto del tempio altri tre ericini, Antonino Cordici, Bonaventura Provenzano e Vito Carvini, i manoscritti dei quali sono anch'essi custoditi presso la stessa biblioteca.
Il Bonaventura Provenzano, nella sua Cronica d'Erice oggi Monte San Giuliano, stesa nel 1671, nel "trattato secondo" dedicato alle "Chiese fuori della città", così introduce il discorso sulla "Chiesa e fabriche di santo Vito del Capo":
"Nel piano, e quasi nell'arena lungi dal mare meno d'un tiro d'archibugio, e puoco più dal capo, detto hoggi di santo Vito, per la gran divotione de' popoli a questo glorioso santo, et anticamente da gli Istorici Capo Egitarso, territorio della Città del Monte, e dalla parte che guarda greco levante, si vede una fabrica delle grandi e belle, che si possono desiderare in campagna, dentro la quale sta rinchiusa per ragioni di fortezza la Chiesa del sudetto Santo, attorniata da diverse sale grandi et alte, e da diverse altre stanze e stalle signorili, per trattenimento degli huomini, e dei cavalli delle brigate, che per tutto l'anno in gran frequenza ivi concorrono da tutte le parti del regno, et in parte dalle città e terre convicine, per una e due giornate, per le continoe e rare grazie che alla giornata ricevono dal dator delle grazie, per intercessione di detto glorioso Santo, et in specie quelle persone che sono vessate da maligni spiriti, o morsicati e guasti da cani rabiosi".

L'Erice antica e moderna, sacra e profana di Vito Carvini è di poco posteriore (1682), e nel Capitolo X (Della Chiesa di Santo Vito del Capo), dopo alcune pagine dedicate alla vita del Santo, a foglio 108 è detto:
"…Facendo adesso alla Chiesa del santo di nuovo ritorno, da cui per le tante intralciate difficoltà troppo a lungo ci appartammo, diciamo giusta la traditione de' nostri maggiori, e comune senso degli ericini scrittori, che la fondazione sia così vetusta, che li suoi principii poco dopo dalla morte riconosca del Santo, e dalle circostanze, che ho attentamente circa questo punto squadrato, nel 330 del Redentore fabricata la giudico. Ella benché prima di picciola struttura sia stata, fu nondimeno poscia in quella fortezza, che oggi si mira, ingrandita; anzi avanzando, come appresso meglio dirò, la devozione e frequenza, più cospicua colla magnificenza di altre fabriche si ha reso".

Nel passo appena citato troviamo l'indicazione approssimativa dell'anno in cui sarebbe sorta l'originaria cappella dedicata al santo. Alla stessa data, come attesta il Carvini,CBlIGRhbGxhIHBhcnRlIGNoZSBndWFyZli scrittori ericini", tra i quali citiamo qui il Cordici e l'Amico(1). Si potrebbe obiettare che, avendo Vito subito il martirio durante la seconda ondata delle crudelissime persecuzioni volute dall'imperatore Diocleziano (303-304), assai improbabile appare che, nel volgere di così pochi anni dalla morte, sia giunto in questo estremo lembo di Sicilia il culto di un martire, accreditato, come vedremo, dalle fonti documentali alla Lucania e non alla Sicilia. Ma tutto questo non scalfisce minimamente la comune opinione che san Vito sia stato venerato nell'agro ericino fin dai primi tempi dell'era cristiana e, sia il IV o un secolo seguente, in nulla viene intaccata la "vetustà del tempio".
E' certo, comunque, che la piccola cappella dedicata al Santo sia stata trasformata in chiesa già prima del 1241, in quanto, in documenti originali conservati presso l'archivio di Erice, e datati in quell'anno, si fa menzione di Santo Vito de la Punta.

(1)A. CORDICI, Historia della vita di San Vito e delli suoi miracoli e dell'Antichità e fondazione della sua chiesa sita nel Capo di San Vito, territorio della Università di Monte San Giuliano. Ms. presso la Biblioteca Comunale di Erice.
VITO AMICO, Lexicon siculum, nella traduzione dal latino di G. DI MARZO, edito col titolo: Dizionario geografico della Sicilia.

 
 


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